A ottobre, Oggiscienza ha ospitato uno speciale sulla scienza nella fantascienza e mi hanno chiesto di scrivere qualcosa. Io mi sono fatto prendere la mano e ho prodotto un po’ di roba, che ora ripropongo qui. Il secondo pezzo era un’intervista a Monte Cook, autore di giochi di ruolo.
“Amo la scienza, soprattutto le sue teorie e le sue idee più innovative. Sono affascinato dai computer quantistici, dalle nanotecnologie, dalle biotecnologie.” Parole di Monte Cook, game designer e scrittore che da più di vent’anni lavora nell’ambito dei giochi di ruolo. Quelli originali, dove dadi, carta e matite sono gli strumenti per immergersi nelle ambientazioni più fantasiose. Poi sono stati scoperti dai videogiochi che sì, certo, migliorano di anno in anno, sono avvincenti, evocativi e tutto quanto, ma quando si tratta di ‘giocare di ruolo’, non c’è niente di meglio di dadi, carta e matite.
Celebre per la sua partecipazione a diversi manuali di un grande classico come Dungeons & Dragons (del quale ha contribuito a realizzare la terza edizione), nel 2012 Cook ha lanciato una campagna su Kickstarter per finanziare il suo ultimo progetto: Numenera. Metti un autore famoso e molto amato nel settore, un’ambientazione intrigante, i disegni di Kieran Yanner e una buona promozione, ed ecco che arriva il successo: 517 255 dollari raccolti. Cook ne aveva chiesti 20 000. Il manuale di Numenera esce in America un anno dopo, vince diversi premi e a fine ottobre sbarcherà al Lucca Comics & Games.
Ma cosa c’entra la scienza con questo gioco? Parecchio, dal momento che l’ambientazione mischia tecnologia e magia in un ibrido noto come science fantasy. Niente incrociatori stellari né viaggi nell’iperspazio; chi giocherà a Numenera si ritroverà nel cosiddetto Nono Mondo, immerso in una civiltà simil-medievale nella quale non mancano oggetti magici e arcani artefatti. Un classico fantasy, insomma? Non proprio, poiché la particolarità di questi strumenti incantati è che essi altro non sono che manufatti tecnologici (i numenera, appunto) che rappresentano l’unica eredità lasciata dalle altre otto antiche civiltà che hanno preceduto quella attuale e che ora si sono estinte. Non a caso, la famosa massima di Arthur Clarke – “Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia” – viene citata da Cook nell’introduzione al manuale.
“Mi piaceva l’idea di sovrapporre l’elemento sovrannaturale con il principio di causa ed effetto,” spiega Cook. “La magia si basa su azioni legate a un qualche tipo di credenza; che si tratti di salmodiare un incantamento, evocare forze misteriose o pregare gli dei, devi crederci per poter essere un mago. Ma queste credenze non c’entrano nulla con la tecnologia. Se premo lo schermo del mio smartphone nel punto giusto succede qualcosa, che io ci creda o no. Ma cosa accadrebbe se la stessa operazione la facesse qualcuno che non ha la minima idea di come funzioni la tecnologia? Non è poi così difficile immaginare che qualcuno possa ‘credere’ nel funzionamento di un certo apparecchio, fino al punto di considerarlo magico.”
Un concetto che già Isaac Asimov aveva esplorato nel primo romanzo del suo Ciclo della Fondazione: in un mondo che aveva perso gran parte delle conoscenze tecnologiche, i pochi che ancora le possedevano erano diventati una vera e propria casta religiosa, i cui strumenti erano considerati alla stregua di artefatti sacri. “È un atteggiamento molto diffuso anche nel mondo reale. Ci sono persone che parlano alla propria macchina o al proprio computer,” continua Cook. “Sembra quasi che gli esseri umani siano predisposti a pensare che ciò in cui credono possa essere addirittura più importante di quel che sanno.”
Per creare i loro mondi immaginari, molti autori prendono ispirazione dalle loro conoscenze reali, intorno alle quali sviluppano le idee che arricchiscono e caratterizzano le loro ambientazioni. Di simili esempi la fantascienza è piena, dal background accademico di Asimov fino alla passione per la scienza di Neal Stephenson o all’approccio antropologico di Ursula Le Guin (probabilmente ereditato dal padre). Per Cook, una grande fonte di ispirazione è l’inspiegabile. “Per questo adoro le scienze di frontiera; mi è sempre piaciuto leggere a proposito di quello che ancora non comprendiamo e da queste letture ho preso spunto per Numenera, ma anche per i manuali che ho fatto per Planescape o per il mio ultimo lavoro, The Strange,” racconta l’autore americano.
“Un’altra passione che in passato ha influenzato il mio lavoro è quella per le teorie cospirazioniste,” aggiunge Cook. “Le ho studiate a lungo, non tanto perché ci credessi ma perché sono un fenomeno che mi affascina.” Una fascinazione produttiva; da essa sono infatti nati un gioco di ruolo (Dark Matter), un romanzo (Of aged angels) e un saggio piuttosto pungente (The Skeptic’s Guide to Conspiracies).
Ma torniamo al science fantasy di Numenera.
“Fra le altre cose, il Nono Mondo deve molto alle ipotesi – soprattutto le più assurde – sulle possibili strade che potrebbe prendere l’evoluzione in un lontano futuro. Mi sono appassionato in particolare alla speculative fiction di libri come After Man e Man After Man, di Dougal Dixon.” E i risultati si vedono: nel bestiario incluso nel manuale sono infatti descritte le più stravaganti creature che possiate immaginare, generate da ingegneria genetica, grottesche mutazioni o eoni di evoluzione, se non addirittura provenienti da altre dimensioni. Il tutto in un miscuglio dal sapore molto weird. “È così che mi immagino il futuro,” conclude Cook. “Non lineare come veniva descritto nei film coi quali sono cresciuto, come Star Trek e Star Wars, ma molto più strano, surreale. Weird, insomma.”