Il futuro è un territorio singolare, un ecosistema altamente complesso i cui rapidi mutamenti sono spesso difficili da prevedere. Gli scenari che si profilano all’orizzonte – dal cambiamento climatico alla privacy dei dati, dall’esplosione demografica all’allungamento della vita – portano con sé una serie di conseguenze e di problematiche più o meno evidenti.
Tanti sono gli esperti che si avventurano nell’esplorazione di questo territorio per cercare di prevederne l’evoluzione e l’impatto sulla società: scienziati, politici, economisti, sociologi, filosofi, giornalisti. Non ultimi fra questi esploratori sono i tanti scrittori, registi, sceneggiatori e disegnatori che hanno cercato di immaginare le possibili trasformazioni e derive cui potrebbe andare incontro il nostro mondo. Non è un caso, dunque, se le tante preoccupazioni per ciò che ci riserva l’immediato futuro abbiano condizionato l’immaginario fantascientifico degli ultimi decenni, caratterizzato da un pessimismo diffuso, quasi endemico.
Uno dei filoni più in voga è quello distopico, incentrato su società afflitte da sovrappopolazione e disuguaglianze sociali, dove la tecnologia spesso diventa uno strumento di controllo delle masse. Ben lontana dalla profondità di analisi di autori come George Orwell, Ray Bradbury, Philip Dick o William Gibson, solo per citarne alcuni, molta della fantascienza distopica odierna sembra essersi adagiata su facili semplificazioni narrative – complice anche il successo di film come Hunger Games e Divergent – pensate per un grande pubblico incline a preoccuparsi per il futuro. Altro filone in buona salute è quello apocalittico e post-apocalittico. Disastri naturali, pandemie, guerre termonucleari, zombi o invasioni aliene: tutte minacce accomunate dal nostro bisogno di esorcizzare la paura per la catastrofe imminente.
Da questo trend si discostano le storie incentrate sull’esplorazione dello spazio che però, fino a qualche anno fa, sembravano uscite dai radar della fantascienza, salvo poche eccezioni.
Poi qualcosa è cambiato.
Se escludiamo un giocattolone di successo come Guardiani della galassia e l’imminente Episodio VII di Guerre Stellari – che i puristi considerano più un fantasy con astronavi che vera fantascienza – negli ultimi due anni sono usciti tre blockbuster ambientati nello spazio che si discostano dal resto della produzione fantascientifica recente, sia per i toni e le tematiche, sia per il loro rapporto con la scienza.
Gravity, Interstellar e The Martian raccontano storie di ricerca e sopravvivenza, dedicando molta cura alla verosimiglianza scientifica e celebrando l’intraprendenza dell’uomo che si spinge ad affrontare l’ignoto, armato della propria conoscenza. Scienza e tecnologia non sono più un potenziale mezzo di oppressione ma diventano lo strumento fondamentale per esplorare lo spazio e affrontarne i pericoli. Basti pensare a Mark Watneys, protagonista di The Martian, che fa appello alle proprie conoscenze per sopravvivere su Marte, coltivando patate e cercando un modo per farsi salvare. Non a caso, questi film sono stati realizzati in collaborazione con consulenti scientifici di primo piano.