Lanciato a luglio, Pokémon Go ha conquistato in breve tempo un’enorme popolarità. Con più di 100 milioni di download e un impressionante guadagno giornaliero, la app sviluppata dalla software house Niantic è diventata una delle più utilizzate al mondo. Il gioco sfrutta la realtà aumentata e il rilevamento della posizione tramite GPS per consentire ai partecipanti di catturare svariate creature che appaiono intorno a loro, per poi farle evolvere e combattere contro quelle di altri giocatori. Un principio semplice applicato a un franchise multimiliardario che da vent’anni è sostenuto una folta schiera di appassionati.
A livello ludico, Pokémon Go ha diversi punti deboli: difetti tecnici, problemi di privacy e, in generale, la sensazione che non ci sia poi molto da fare a parte collezionare creature. Ciò non gli ha impedito di diventare un argomento di grande discussione, al punto da sembrare più interessante come artefatto sociale che come gioco.
Tanto interessante da catturare anche l’attenzione di diversi scienziati. A partire dai biologi.
La particolarità di Pokémon Go è che non ci si può giocare stando comodamente seduti su una poltrona. Bisogna uscire di casa, cercare le creature sparse nei dintorni (che spesso hanno un loro habitat preferito e non sono quindi equamente distribuite), andare in luoghi dove rifornirsi di oggetti utili per la caccia oppure nelle palestre dove allenare i Pokémon e farli combattere.
Questo stimolo all’esplorazione dell’ambiente circostante ha indotto diversi biologi a considerare le potenzialità del gioco. Mentre si è impegnati a dare la caccia ai piccoli mostri virtuali, può infatti capitare di imbattersi in diversi animali reali. Ma se la classificazione dei 150 Pokémon è nota – qualche anno fa c’è stato addirittura chi ne ha ricostruito l’albero filogenetico – e viene svelata dalla app, è invece probabile che un cacciatore non sappia di preciso che animale ha incontrato.
E qui entra in gioco Morgan Jackson. Morgan è un dottorando in entomologia, appassionato di biodiversità e tassonomia, che dopo neanche una settimana dal lancio del gioco ha creato l’hashtag #PokéBlitz per incoraggiare i giocatori di Pokémon Go a condividere su Twitter le immagini dei veri animali trovati durante le loro battute di caccia. L’hashtag richiama i bioblitz, eventi nei quali scienziati e cittadini si ritrovano per trovare e catalogare quante più specie possibili in una determinata zona.