Cinquantasei milioni di anni fa, nel corso dell’epoca geologica chiamata Eocene, il nostro pianeta stava attraversando una fase di riscaldamento globale, il Massimo termico del Paleocene-Eocene, che incoraggiò la dispersione dei mammiferi nei continenti settentrionali. I più antichi fossili di Primati dall’aspetto moderno, i cosiddetti Euprimati, risalgono proprio a quel periodo e già allora risultavano divisi in due grandi sottogruppi: gli Adapidi, da cui discendono gli Strepsirrini, il sottordine che include lemuri, loro e galagoni; e gli Omomidi, che si ritiene fossero gli antenati degli Aplorrini, il sottordine cui appartengono tarsi e scimmie.
Ma un recente scavo – in una miniera di carbone dello stato del Gujarat, nell’India occidentale – ha portato alla luce venticinque piccole ossa di primate dalle caratteristiche ancora più primitive di quelle finora scoperte. Ossa che, secondo i ricercatori delle Università Johns Hopkins e Des Moines che le hanno studiate, mostrano caratteristiche che non sono direttamente riconducibili né agli Adapidi né agli Omomidi, benché siano più giovani di circa un milione e mezzo di anni dei fossili finora ritrovati, che invece sono attribuibili a uno dei due sottogruppi.
Dalle analisi dei reperti è emerso che i primati del Gujarat erano abili ad arrampicarsi sugli alberi delle antiche foreste pluviali ed erano molto piccoli, con un peso stimato fra i 150 e i 300 grammi. La loro struttura ossea non era specializzata come quella di alcuni primati moderni ma iniziava a mostrare alcuni tratti che si sarebbero poi sviluppati, segnando la distinzione fra Adapidi e Omomidi.