L’interno di ogni cellula è animato da una intensa attività biologica, ripartita in diversi distretti collegati da un complesso sistema di trasporto. Uno di questi distretti è l’apparato di Golgi, una struttura costituita da una serie di cisterne appiattite e affiancate, simile a una pila di frittelle. L’apparato di Golgi si trova nella maggior parte delle cellule eucariote, in genere vicino al nucleo e, soprattutto, al reticolo endoplasmatico, ed è coinvolto in diversi importanti processi cellulari. Una delle sue principali attività consiste nella modifica post-traduzionale delle proteine, cioè nell’aggiunta di nuovi gruppi funzionali alle proteine appena sintetizzate che escono dal reticolo endoplasmatico. Un meccanismo che può essere paragonato a quello di un ufficio postale, che attacca etichette specifiche sui pacchi per poi mandarli in diversi luoghi. Che in questo caso possono essere altri distretti cellulari oppure lo spazio esterno alla cellula.
Le diverse cisterne dell’apparato di Golgi contengono enzimi differenti e sono organizzate come una catena di produzione: le proteine da modificare entrano da un lato – quello rivolto verso il reticolo endoplasmatico – ed escono dall’altro, passando da una cisterna all’altra e andando incontro a diversi processi biochimici. Questo sistema è in grado di trasportare molecole anche di grandi dimensioni, come il collagene.
Abbiamo quindi a che fare con una struttura molecolare molto complessa, sulla cui origine gli scienziati si interrogano da tempo. Si tratta infatti di un apparente paradosso evolutivo, un circolo vizioso in stile Comma 22: per funzionare a dovere l’apparato di Golgi ha bisogno di tutte le sue componenti, ma allora cosa ha guidato il loro assemblaggio? Quale forza evolutiva ha fatto sì che si formasse un organello la cui funzione si attiva solo quando tutte le sue componenti sono assemblate? In assenza di una funzione, infatti, la seleziona naturale non può intervenire, “premiando” la formazione di un nuovo organello all’interno di una cellula.