Nonostante il lavoro che faccio, non ho mai avuto una gran disciplina nella scrittura e sono molto affascinato dai tarocchi, tant’è che l’unica volta che sono riuscito a scrivere un romanzo ho usato proprio gli arcani maggiori per strutturarne la storia e la scansione in capitoli. Ecco perché mi sono lasciato tentare da Scrittura e tarocchi, un agile e ben fatto manuale di Davide Mana sull’uso dei tarocchi come strumento narrativo che contiene alcuni esercizi e una piccola guida all’interpretazione delle carte, sempre finalizzata allo scrivere. Confesso di non aver ancora provato gli esercizi (per quel problema della disciplina di cui sopra), ma già solo leggerli è interessante perché ciascuno di essi smonta e analizza le diverse fasi della creazione di una storia o di un personaggio per poi associarle a diverse pescate di carte. E lo studio di questi aspetti narrativi è sempre utile.
Sapendo che a ottobre Ian McDonald verrà in Italia ho deciso di leggere qualcos’altro di suo dopo Forbici vince carta vince pietra. Ho puntato su Terra incognita, storia di un teenager deciso a ritrovare il padre, rapito da tizi misteriosi per le sue scoperte sugli universi paralleli. Il protagonista, Everett, è un genio che capisce quasi tutto al volo e si adatta alla grande a qualsiasi situazione. Ed è anche uno dei personaggi meno interessanti che io ricordi di aver incontrato in un romanzo. Non che la trama, ampiamente scontata e priva di idee significative, sia meglio. Il tutto poi è raccontato con uno stile che ho trovato piuttosto anonimo, diverso da quello che ricordavo. Solo in seguito ho scoperto che questo è il primo libro di una trilogia ma, avendolo finito per inerzia, dubito andrò oltre.
I libri per ragazzi non sono la mia passione, ma ho letto con piacere Foto 51: il segreto del DNA. Sarà che conosco Chiara Segré e il suo lavoro nella comunicazione della scienza, sarà che la vicenda di Rosalind Franklin merita sempre di essere raccontata, sarà che il libro è scritto con uno stile e un ritmo adatti alla storia… sarà quel che sarà, ne ho parlato su Oggiscienza.
Non ho ancora finito di leggere The steel remains di Richard Morgan, ma essendo molto avanti posso già dire qualcosa. Tipo che è una gran figata. Certo, siamo sempre dalle parti del fantasy grimdark, dove l’ambiguità morale la fa da padrona, ma se la narrazione è efficace, i personaggi sono ben caratterizzati e la scrittura è solida, io sono più che contento. Morgan non abusa del sarcasmo e ha un bel modo di entrare nella testa dei suoi tre protagonisti: Ringil, tormentato ex eroe di guerra omosessuale, Archeth, consigliera dell’Imperatore appartenente a una razza misteriosa, ed Egar, capoclan nomade che rimpiange la sua vita lontana dalle steppe. Dei tre, Ringil è quello in scena per più tempo, ma ciò non impedisce anche agli altri due di emergere e risultare coinvolgenti. Anche qui si parla di trilogia, ma questa conto di finirla. Anche per approfondire il legame con la serie più nota di Morgan, quella di Altered carbon.