The steel remains di Richard Morgan si è confermato un librone. Oltre a quello che avevo già scritto il mese scorso aggiungo un finale denso, con il giusto equilibrio fra l’epica fantasy e la sua rilettura in chiave anti-eroica: c’è lo scontro decisivo fra chi difende un mondo e chi lo invade, c’è il culmine di un crescendo di tensione costruito per quattrocento pagine, ma c’è anche l’ambiguità di personaggi imperfetti e tutti, in un modo o nell’altro, fratturati.
Robots vs. Fairies è una raccolta di racconti curata da Dominik Parisien e Navah Wolfe, il cui titolo dice tutto. Diversi autori e autrici narrano storie incentrate sull’una o l’altra fazione, approfondendone i temi con lo stile e le atmosfere che preferiscono, per poi commentare la propria scelta – di campo e di contenuti – alla fine di ciascun racconto. Avventura, parodia, orrore, introspezione, dramma, riflessione politica, western… c’è un po’ di tutto (incluso un deathmatch in stile wrestling raccontato dai due commentatori, un robot che parla in caps lock e una fata), con alti e bassi come in tutte le raccolte di questo tipo, ma con vette di eccellenza davvero notevoli. Sarò di parte, ma mi è sembrato che nei racconti del Team Fairy ci fosse più estro, più voglia di cercare idee nuove (o di riproporne di vecchie ma in una veste originale, come Build me a Wonderland di Seanan McGuire), mentre quelli del Team Robot vertessero sempre sugli stessi temi. Con alcune pregevoli eccezioni. Tipo To a cloven pine di Max Gladstone. O tipo che ogni tanto devo rileggermi Three robots experience objects di John Scalzi per ricordarmi come sia possibile essere profondi e al tempo stesso dannatamente divertenti in una manciata di pagine. Se si è bravi, ovviamente.
Il Trono della Luna Crescente racconta le imprese di un vecchio cacciatore di ghul, di un giovane derviscio invasato e sentimentalmente incapace, di una rabbiosa ragazza-leonessa, e di una coppia di loro alleati. Saladin Ahmed fa il suo dovere intrattenendo il lettore e aiutandolo a immergersi nella vicenda, entrando di volta in volta nei pensieri dei diversi protagonisti e soffermandosi su vari dettagli del suo mondo arabeggiante, rendendolo vivace. Lo fa con un discreto mestiere ma senza particolari guizzi, né dal punto di vista dello stile, né da quello della trama. Il finale è frettoloso, visto il tempo che Ahmed si è preso per arrivarci, e gli antagonisti un po’ sprecati, brutti e cattivi quel tanto che basta ma senza troppo spessore. Nel complesso, una lettura piacevole da seguire ma, forse, anche facile da dimenticare.
Il Trono della Luna Crescente io l’ho abbandonato dopo un po’ di capitoli. Per i miei gusti, mi è sembrato un po’ troppo scontato. E mi dispiace, perché l’ambientazione è interessante e anche l’uso della magia. Però, i personaggi mo sembravano un po’ troppo prevedibili e anche le loro scelte.
Sulla prevedibilità dei personaggi sono completamente d’accordo. Non è male il modo in cui li caratterizza ma ero sempre lì ad aspettarmi un guizzo che non arrivava, soprattutto verso la fine. Io ho resistito perché era molto leggera come lettura e perché in effetti l’ambientazione ha un suo fascino, però non so se lo consiglierei. Molto meglio il Mari stregati di Tim Powers che sto leggendo ora (nonostante la copertina con Johnny Depp/Jack Sparrow).
Io ho puntato questo, con simile ambientazione mediorientale: http://www.zona42.it/wordpress/libri-e-autori/pashazade-joncg/