Quella che più ricordo dalla mia adolescenza è “Non può piovere per sempre”, nella quale finivi sempre per imbatterti sfogliando la Smemo di una compagna di classe. Ma ce n’erano molte altre, attribuite ora a un musicista, ora a un filosofo, ora a uno scienziato. Citazioni incisive, aforismi che schiudevano mondi interi di significati, frasette che davano un’aura di profondità alla pagina sulla quale campeggiavano. A quel tempo, né io né i miei compagni, nella nostra ingenuità, ci ponevamo la fatidica domanda.
“Ma l’ha davvero detto lui/lei?”
Nel caso della frase sulla pioggia, l’attribuzione era senz’altro giusta perché Il corvo l’avevamo visto tutti e non c’erano dubbi: l’aveva proprio detto lui. Per forza, direte voi, verificare una citazione di un film è facile, basta riguardarselo. Oh be’, andate a dirlo a Ned Stark.
Se si può diffondere una falsa citazione di un personaggio di una serie tv, cioè una fonte relativamente facile da verificare, che dire dei tanti, tantissimi aforismi che sgorgherebbero dalle pagine di scrittori e pensatori presenti e passati? Davvero Schopenhauer ha detto “Ricorda che una volta arrivato in cima alla collina comincerai ad andare più veloce” (SPOILER: no)? Davvero Sandro Pertini disse, come sostenevano molti slogan del Movimento dei Forconi, “Quando un governo non fa ciò che vuole il popolo, va cacciato via anche con mazze e pietre” (SPOILER: no)? Davvero Goebbels – o Göring, qui c’è un po’ di incertezza – ha detto “Quando sento la parola cultura, metto mano alla pistola” (SPOILER: no)?
Ma il problema con le citazioni non si limita all’attribuzione di questo o quell’aforisma a Tizio o Caio. Citare riferimenti bibliografici è una pratica comune nel mondo accademico che si è diffusa anche oltre i suoi confini, per esempio su Wikipedia. In ambito scientifico, per sostenere una tesi bisogna fornire dati ed evidenze che la supportino. Dati ed evidenze che, in genere, provengono da articoli scientifici pubblicati su riviste specialistiche dopo essere passati attraverso il vaglio della peer review. Faccio un’affermazione e cito i dati che la sostengono. Tu sollevi un’obiezione e citi le fonti che ti danno ragione. Facile vero?
No.
Il punto è che citare una serie di articoli non rende automaticamente credibile la propria tesi. Bisogna anche verificare cosa dicano quegli articoli. Potrà sembrar strano ma non è poi così insolito vedere citazioni a sostegno di una tesi che in realtà non la supportano (o addirittura la contraddicono). Questo perché quelli che vanno veramente a leggersi una citazione sono una ristretta minoranza, anche fra coloro che quella citazione l’hanno messa per supportare la propria posizione. In certi siti, addirittura, i link che rimandano agli articoli scientifici vengono messi su un’immagine. Condividere un’immagine è molto più facile e immediato, ma vorrei proprio vedere chi è che si ricopia un link carattere per carattere per andare a verificare cosa dice davvero l’articolo citato. La condivisione diventa più importante dell’approfondimento. Dal name dropping siamo arrivati al quote dropping.
E poi c’è il cherry picking applicato alle citazioni. È semplice, si cita una frase di un autore ignorando (o fingendo di ignorare) che quella frase, nel contesto da cui è tratta, dice esattamente l’opposto. Esperti in questo approccio sono molti antidarwinisti, che amano citare illustri scienziati a sostegno delle loro tesi contro la teoria di Darwin. Il loro bersaglio preferito è il povero Stephen Jay Gould, che di certo antidarwinista non era, ma poco importa. A questo proposito, tempo fa mi sono imbattuto in un esempio interessante di uso allegro delle citazioni: addirittura il buon Dulbecco avrebbe detto che la teoria di Darwin in fondo serve a poco.
Insospettito dalla citazione, l’ho copiata e incollata su Google. Sono così risalito a un articolo di Elena Dusi dove compare la frase incriminata. Che, nel suo contesto, diceva l’esatto contrario (a meno che la frase “Tutto questo non può prescindere da Darwin e dai suoi epigoni” non abbia qualche oscuro contro-significato che a me sfugge). Ho commentato l’articolo e, fra le altre cose, ho anche segnalato l’errore. Hanno risposto solo alle altre cose.
Insomma, la presenza di una o più citazioni non rende automaticamente affidabile un’affermazione. C’entra con l’argomento in questione? Sostiene la tesi di chi ha messo la citazione? È una fonte attendibile? È una citazione leggibile? Meglio fare un po’ di fatica che condividere delle bufale.
Qual è il motore del quote dropping? Superficialità o volontaria manipolazione? Nella maggior parte dei casi propendo per la prima ipotesi, ma il confine fra le due a volte è molto sottile. Molto. Meglio quindi drizzare le antenne ogni volta che vediamo una citazione avvicinarsi.
ah ah ah molto divertente,bravo Greylines !
la penso come te e questo articolo mi ricorda Eco…i libri di carta non moriranno mai 😉