Imponenti sequoie che si alzano da un sottobosco fitto di lussureggiante vegetazione. Questo lo scenario nel quale Luke Skywalker, ne Il ritorno dello Jedi, incontra la razza degli Ewok, buffe creature simili a orsetti alti meno di un metro, che lo aiuteranno nella sua battaglia contro l’Impero. La foresta mostrata nel film è quella della luna boscosa di Endor, chiamata così proprio perché interamente ricoperta di boschi. Il corpo celeste dotato di un unico ecosistema è un’ambientazione ricorrente nel mondo di Guerre Stellari ed è, in generale, un vero e proprio classico della space opera. In un articolo su io9, James Whitbrook li chiama pianeti a uso singolo e li include in una lista di stereotipi che gli autori di fantascienza e fantasy potrebbero smettere di usare.
Autore: Greylines
Chi ha paura dei giochi di ruolo?
Perplessità, preoccupazione, allarme. Queste le parole usate da Massimo Montani e Gilberto Gerra, del Centro Studi Farmaco-tossicodipendenze dell’USL di Parma, per descrivere una pratica pericolosa e sempre più diffusa, che potrebbe portare a “fenomeni di alienazione e dipendenza fra i praticanti”.
Si tratta dei giochi di ruolo, spesso indicati con l’acronimo Gdr, cioè quei giochi basati sulla creazione e narrazione condivisa di storie delle quali i giocatori – a eccezione di uno di loro, che svolge il compito di arbitro e narratore – interpretano i protagonisti. Il più longevo e famoso è sicuramente Dungeons and Dragons, di ambientazione fantasy, e il loro successo ha ispirato svariati videogiochi blockbuster come Mass Effect o World of Warcraft.
Il martello e i gravitoni
Thor lo maneggia disinvolto, lo appende all’attaccapanni, lo lancia e lo riprende al volo. Stiamo parlando del Mjolnir, il mitico martello usato in battaglia dal dio del tuono. E solo da lui. O meglio, solo da chi è ritenuto degno di brandirlo. Una clausola, questa, stabilita da Odino in persona, per evitare che un’arma così devastante finisse nelle mani sbagliate. Ma qual è la spiegazione scientifica del funzionamento del martello?
Brace yourselves, a false quote is coming
Quella che più ricordo dalla mia adolescenza è “Non può piovere per sempre”, nella quale finivi sempre per imbatterti sfogliando la Smemo di una compagna di classe. Ma ce n’erano molte altre, attribuite ora a un musicista, ora a un filosofo, ora a uno scienziato. Citazioni incisive, aforismi che schiudevano mondi interi di significati, frasette che davano un’aura di profondità alla pagina sulla quale campeggiavano. A quel tempo, né io né i miei compagni, nella nostra ingenuità, ci ponevamo la fatidica domanda.
“Ma l’ha davvero detto lui/lei?”