Quando leggo Starz penso subito a Spartacus, cioè a una cricca di modelle e modelli in peplum che si ammazzano e si accoppiano, gridando molto. Niente di male in tutto ciò, ho apprezzato l’ignoranza di quella serie per almeno un paio di stagioni prima di cominciare ad annoiarmi.
Autore: Greylines
Bone, Jeff Smith
Fidati di me, ‘gnurant
Sulla Lettura del Corriere di oggi c’è un articolo di Stefano Gattei sull’annoso tema “scienza vs. pseudoscienza”. Si parla della necessità di rispettare determinate regole – sia per tutelare i malati dalle truffe, sia per evitare gli sprechi di denaro pubblico – con ampio riferimento al caso Stamina. Poi si allarga il tiro, citando il recente libro di Massimo Pigliucci e Maarten Boudry, dal titolo più che eloquente: Philosophy of pseudoscience. Recondidering the demarcation problem. Fra i tanti aspetti affrontati dai due studiosi, Gattei ne sottolinea uno particolarmente interessante: l’accettazione della pseudoscienza non è solo una questione di ignoranza scientifica ma coinvolge anche
“le fallacie in cui incorre frequentemente il linguaggio comune, i pregiudizi cognitivi e il ruolo svolto dall’ideologia”.
Circonvenzione di incapace
Qualche sera fa, invece di svagarmi giocando a The Walking Dead, mi sono fatto trascinare in due accese discussioni su Facebook. La prima era sulle primarie PD ed era stata scatenata da un’amica indecisa in cerca di spunti di riflessione pre-elettorali. Ne è seguito un confronto fra sostenitori di Renzi e Civati (Cuperlo non pervenuto) e a un certo punto qualcuno ha tirato fuori un argomento che si può riassumere così: Renzi pensa più a comunicare che ai contenuti. Come Berlusconi. A prescindere dalle simpatie politiche, che non c’entrano nulla con l’argomento di questo post, c’era qualcosa che non mi tornava in questo ragionamento, ma non capivo cosa.