Sollevare pesi assurdi, sfondare pareti, accartocciare termosifoni. La forza sovrumana è una delle doti più diffuse fra gli eroi, mitologici o moderni che siano. È un potere semplice, primordiale, meno raffinato di abilità come la telepatia, il teletrasporto o il controllo del magnetismo, ma che continua a essere molto iconico. Questo è particolarmente vero per i supereroi dei fumetti, fin dalla prima apparizione di Superman, sulla copertina di Action Comics 1, dove lo si vede intento a esercitare la propria prodigiosa forza per sollevare una macchina. E non dimentichiamo che, nelle sue prime apparizioni, l’Uomo d’Acciaio non volava ma sfruttava tale forza per compiere salti prodigiosi.
fumetti
Il sottile confine fra virtuale e reale
Da Oggiscienza, 27 gennaio 2016
Cory Doctorow è un blogger, giornalista e scrittore di fantascienza, incluso nel 2009 da Forbes fra i 25 principali influencer della rete, da sempre interessato agli intrecci fra tecnologia, cultura, politica ed economia.
Nel 2004 ha pubblicato Anda’s game, un racconto incentrato su una giovane che si avventura per la prima volta in un gioco di ruolo online e scopre alcune situazioni a esso legate che cambieranno la sua percezione del mondo. A più di dieci anni di distanza, i temi affrontati in questo racconto continuano a essere di attualità, tanto da aver spinto Doctorow a realizzarne – in collaborazione con l’autrice e illustratrice Jen Wang – una trasposizione fumettistica, In real life, pubblicata in Italia a fine 2015 da Edizioni BD.
Chi ha spento il dolore?
Il nostro organismo è l’ambientazione di una detective story incentrata sulla scomparsa del dolore. Chi l’ha spento? Come ha fatto? Solo analizzando gli indizi e interrogando cellule ed enzimi coinvolti sarà possibile risolvere il mistero. Ogni nuova informazione consentirà infatti di escludere uno degli antidolorifici sospettati – morfina, paracetamolo, aspirina e ibuprofene – fino a scoprire, nel fumetto scritto da Michele Bellone e disegnato da Dania Puggioni, chi di loro ha fermato il dolore.
Ve l’ho già detto che sono stato al Comic-Con?
Man mano che ci si avvicina a Downtown, il loro numero comincia ad aumentare. Alcuni li identifichi subito: hanno già i loro zaini-borsa e i loro badge, che ti vien voglia di sbirciare per capire se sono visitatori, espositori, professionisti o che altro. Altri ne sono sprovvisti, ma li riconosci comunque dalle magliette, dalle spille sulle borse e da quell’eccitazione che chiunque sia stato qualche volta a Lucca ha imparato a riconoscere nelle file di persone che camminano lungo le mura.
A tutto ciò, aggiungeteci i trolley, i bus, i palazzi. Ovunque, l’immancabile occhietto.
Lungo il tragitto scambio due chiacchiere con qualche veterano, che mi parla di quando, neanche troppo tempo fa, trovare dei biglietti non era una lotteria folle come adesso e non c’erano code estenuanti da affrontare. Di quando c’erano più comic e meno Hollywood.
Ma io ci arrivo da verginello e i confronti con il passato mi interessano fino a un certo punto.
È luglio, sono a San Diego e sto per partecipare all’evento cui ogni nerd che si rispetti sogna di andare, almeno una volta nella vita.