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L’evoluzione della comunicazione della scienza
La scienza è in continua evoluzione, come la società di cui fa parte. Di conseguenza, anche il rapporto fra di esse si trasforma. Un cambiamento che si riflette a sua volta nel modo in cui la scienza viene raccontata e spiegata. Per parlare di queste trasformazioni e di come esse influiscano sulla comunicazione della scienza, soprattutto per quanto riguarda i temi della biologia e dell’evoluzione, abbiamo chiesto il parere di Telmo Pievani, filosofo ed epistemologo italiano, professore associato presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli studi di Padova, dove ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche. A queste attività di insegnamento e ricerca epistemologica, Pievani unisce anche un forte impegno nell’ambito della comunicazione della scienza.
Le storie che ispirano gli scienziati del futuro
Il futuro è un territorio singolare, un ecosistema altamente complesso i cui rapidi mutamenti sono spesso difficili da prevedere. Gli scenari che si profilano all’orizzonte – dal cambiamento climatico alla privacy dei dati, dall’esplosione demografica all’allungamento della vita – portano con sé una serie di conseguenze e di problematiche più o meno evidenti.
Tanti sono gli esperti che si avventurano nell’esplorazione di questo territorio per cercare di prevederne l’evoluzione e l’impatto sulla società: scienziati, politici, economisti, sociologi, filosofi, giornalisti. Non ultimi fra questi esploratori sono i tanti scrittori, registi, sceneggiatori e disegnatori che hanno cercato di immaginare le possibili trasformazioni e derive cui potrebbe andare incontro il nostro mondo. Non è un caso, dunque, se le tante preoccupazioni per ciò che ci riserva l’immediato futuro abbiano condizionato l’immaginario fantascientifico degli ultimi decenni, caratterizzato da un pessimismo diffuso, quasi endemico.
L’approccio evolutivo alla medicina
Ci sono casi in cui una malattia può essere vantaggiosa. L’anemia falciforme, per esempio, riduce la mortalità delle persone affette da malaria e potrebbe quindi essere stata “premiata” dalla selezione naturale in quelle aree dove la malaria è endemica. Le malattie sono fenomeni complessi nei quali entrano in gioco diversi fattori. Ciò nonostante, è idea diffusa che per debellarle sia sufficiente sconfiggere l’agente patogeno o correggere il malfunzionamento genetico che le provoca. Questo approccio è molto radicato nella medicina moderna e si basa su una visione ingegneristica del corpo e delle sue funzioni: l’organismo è come una macchina e la malattia non è altro che un guasto di una delle sue componenti. Per curare un individuo è quindi necessario capire come sia avvenuto questo guasto e intervenire per ripararlo, cercando di ripristinare le condizioni ottimali della macchina.
Ma è davvero così?