Attivisti e non. L’importanza di fare distinzioni

05 - Questioni di tifo (13 marzo 2014)La scorsa settimana avevo pubblicato la lettera che Alessandro Chiometti, presidente dell’associazione Civiltà Laica di Terni, mi aveva scritto per discutere di antidarwinismo e della mia critica all’uso indiscriminato del termine “creazionista” (di cui avevo parlato qui). Pubblico ora la mia risposta a quella lettera e ne approfitto per ringraziare Alessandro dell’occasione di dibattito.

Caro Alessandro,

Rispondo con piacere alla tua lettera, nella quale hai sollevato un punto molto importante; riferendoti a coloro che usano gli stessi argomenti dei creazionisti per criticare la teoria dell’evoluzione, mi hai chiesto “perché dovrei giudicarli meno severamente di colui che per lo meno lo dichiara che lo fa per ragioni di fede?”.

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Le categorie servono?

Alessandro Chiometti, dell’associazione Civiltà Laica di Terni, mi ha scritto a proposito della controversia antidarwinista. Pubblico con piacere la sua lettera e nei prossimi giorni posterò anche la mia risposta.

 

“Caro Michele, ho letto e riletto spesso il tuo articolo che abbiamo pubblicato anche noi di Civiltà Laica “Questioni di tifo” ed anche la tua ultima critica a Corrado Augias (che posso solo presumere che sia giusta dato che non ho guardato il programma in oggetto).

Come è ovvio concordo nella gran parte delle questioni che tu sollevi però c’è un piccolo sassolino dalla scarpa che mi vorrei togliere.

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Questioni di tifo

Un paio di settimane fa sono stato al Darwin Day di Terni, a parlare di antidarwinismo. È stato un bell’incontro, cui è seguito un dibattito vivace e stimolante. Avevo iniziato a scrivere un resoconto della giornata ma poi i pensieri hanno preso la strada che volevano loro e quindi eccomi qui a parlare di tifo. Quello da stadio, per intenderci.

Non sono un appassionato di calcio e ho sempre osservato da esterno le discussioni fra i tanti amici tifosi. Tifare vuol dire sentirsi parte di un gruppo, dimostrare lealtà e sostenersi a vicenda, anche quando si tratta di reclamare un fuorigioco o insultare un arbitro e tutta la sua stirpe andando a ritroso di parecchie generazioni. Niente di nuovo sotto il sole, dinamiche del genere sono studiatissime e, ovviamente, non si limitano al calcio. Sono molto diffuse, per esempio, anche in politica, dove chiunque abbia un colore politico anche solo minimamente diverso dal proprio ha spesso torto a prescindere.

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Fidati di me, ‘gnurant

Sulla Lettura del Corriere di oggi c’è un articolo di Stefano Gattei sull’annoso tema “scienza vs. pseudoscienza”. Si parla della necessità di rispettare determinate regole – sia per tutelare i malati dalle truffe, sia per evitare gli sprechi di denaro pubblico – con ampio riferimento al caso Stamina. Poi si allarga il tiro, citando il recente libro di Massimo Pigliucci e Maarten Boudry, dal titolo più che eloquente: Philosophy of pseudoscience. Recondidering the demarcation problem. Fra i tanti aspetti affrontati dai due studiosi, Gattei ne sottolinea uno particolarmente interessante: l’accettazione della pseudoscienza non è solo una questione di ignoranza scientifica ma coinvolge anche

“le fallacie in cui incorre frequentemente il linguaggio comune, i pregiudizi cognitivi e il ruolo svolto dall’ideologia”.

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