Da Endor a Turing. Gli stereotipi narrativi di cui potremmo fare a meno

Da Wired, 9 gennaio 2015

Foto: NPS Photo

Imponenti sequoie che si alzano da un sottobosco fitto di lussureggiante vegetazione. Questo lo scenario nel quale Luke Skywalker, ne Il ritorno dello Jedi, incontra la razza degli Ewok, buffe creature simili a orsetti alti meno di un metro, che lo aiuteranno nella sua battaglia contro l’Impero. La foresta mostrata nel film è quella della luna boscosa di Endor, chiamata così proprio perché interamente ricoperta di boschi. Il corpo celeste dotato di un unico ecosistema è un’ambientazione ricorrente nel mondo di Guerre Stellari ed è, in generale, un vero e proprio classico della space opera. In un articolo su io9, James Whitbrook li chiama pianeti a uso singolo e li include in una lista di stereotipi che gli autori di fantascienza e fantasy potrebbero smettere di usare.

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Gli spazi bianchi sulla mappa

ZuidpoolCi volevano le vacanze per ridare fiato al mio bisogno di narrativa, arenatosi chissà dove fra un articolo, un’intervista e l’ennesima revisione dell’ennesima tesi. Ci volevano le vacanze e Michael Chabon.

Doveva chiamarsi Ebrei con la spada, poi Chabon ha optato per Gentlemen of the road, che in italiano è infine diventato Cronache di principi e viandanti. Di solito contesto le traduzioni dei titoli stranieri – in genere di film – che si scostano troppo dall’originale, ma qui mi sono trovato davanti a una fortunata eccezione. “Cronache” è una di quelle parole in grado di piombare nel mio immaginario e rimettere in moto tutti i suoi macchinari, spingendoli a pieno ritmo. È una parola che evoca grandi imprese, viaggi, conflitti, inganni, che celebra eroi e antagonisti, vittime e carnefici, amici e traditori. È una delle parole più infarcite di avventura che mi venga in mente. E Cronache di principi e viandanti è esattamente questo: un’avventura, sospesa fra ironia, epica e malinconia, con personaggi che Chabon tratteggia con poche, splendide pennellate e che, pur restando nei canoni del genere, sono vivi e caratteristici, ben lontani dalla solita riproposizione dei soliti stereotipi. Il solo difetto che ho imputato a questo libro è di essere volato via in un amen.

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Distopico o ottimista? Il futuro visto dalla fantascienza

A ottobre, Oggiscienza ha ospitato uno speciale sulla scienza nella fantascienza e mi hanno chiesto di scrivere qualcosa. Io mi sono fatto prendere la mano e ho prodotto un po’ di roba, che ora ripropongo qui. Nel terzo pezzo mi sono lanciato in un dibattito su come la fantascienza sta raccontando il nostro futuro.

Per un futuro migliore

Possiamo immaginare una via verso un futuro migliore?

Per rispondere a questa domanda, lo scorso 2 ottobre si è riunito a Washington un eterogeneo mix di persone: dal direttore dell’ufficio innovazione della DARPA all’autore di Futurama, dalla fondatrice di SyFy Channel alla chief scientist della NASA. E poi professori, scrittori, giornalisti, che per una giornata si sono chiesti come la fantascienza può aiutarci a creare un futuro di cui i nostri discendenti possano andare fieri.

Ispiratrice dell’evento è stata Hieroglyph, un’antologia di racconti a sua volta ispirata da un articolo di Neal Stephenson del 2011, nel quale lo scrittore americano lamentava la stagnazione dell’innovazione odierna, secondo lui dovuta alla nostra preferenza per il guadagno a breve termine e alla sempre minor propensione ad assumersi rischi.

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La scienza tarantiniana di Neal Stephenson

A ottobre, Oggiscienza ha ospitato uno speciale sulla scienza nella fantascienza e mi hanno chiesto di scrivere qualcosa. Io mi sono fatto prendere la mano e ho prodotto un po’ di roba, che ora ripropongo qui. Il primo pezzo era su Neal Stephenson, che se non sapete chi è fareste bene a informarvi.

Neal Stephenson non è certo uno di quelli scrittori di fantascienza che vanno per il sottile. Leggendo i suoi libri si finisce inevitabilmente con l’affrontare lunghe spiegazioni tecniche o storiche su come funzioni un certo strumento o come si sia arrivati a un determinato contesto socio-politico. Prendete Anathem, per esempio. Uscito nel 2008, il romanzo è ambientato su un pianeta simile alla Terra dove la società umana è divisa in due componenti che interagiscono solo in specifiche occasioni: il mondo matico, costituito da comunità di monaci-scienziati (chiamati avout), e il mondo secolare.

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